E’ NATO PER VINCERE LA MORTE

natale2014-2I miei genitori sono morti entrambi in prossimità del Natale e mi sembra di poter dire che mai come in quelle due occasioni il Natale celebrato nella nostra comunità l’abbia sentito e vissuto, pur nel dolore, come vera esperienza di speranza, di luce e di consolazione. Quest’anno la nostra comunità è stata provata da molti lutti, alcuni dei quali particolarmente dolorosi, perché hanno riguardato persone giovani, giovanissime lasciando uno strascico di dolore, di domande senza risposte, di smarrimento. Ogni lutto, la morte di ogni persona è certamente una dura prova per i familiari e desidero ricordare tutte le famiglie che hanno sperimentato in questi anni la prova difficile del lutto. In particolare, senza dimenticare assolutamente nessuno, vorrei richiamare la morte della piccola Rebecca, di Annalisa, maestra della scuola dell’infanzia e catechista della nostra parrocchia, di Gianni, amico e animatore di un gruppo di catechesi per gli adulti e membro, per diversi anni, del consiglio pastorale parrocchiale.
Quando si avvicinano le festività del Natale, chi ha vissuto di recente un lutto che ha lasciato aperta ancora una ferita dolorosa, avverte spesso un senso di disagio e di difficoltà e sente quasi il desiderio che le feste passino alla svelta. Questo sentimento, questo stato d’animo è avvertito soprattutto quando del Natale vengono presentati ed esibiti gli aspetti più esteriori e superficiali: gli addobbi, i regali, l’aspetto commerciale e consumistico, quell’aria di vago buonismo per il quale a Natale bisogna essere buoni per forza (chissà poi cosa si intenda per buoni…) e poi il giorno dopo tutto ritorna come prima. Per questo, chi ha sperimentato un lutto che lascia ancora un segno di dolore nella vita, può essere in grado di cogliere e di vivere il senso più autentico e vero del Natale: Dio ha deciso di scendere dal cielo e di farsi uomo in Gesù, nato a Betlemme, per abitare in tutto la nostra umanità, per attraversare e sperimentare anche l’esperienza della morte e per vincerla nella sua risurrezione. Una delle icone russe più conosciute è quella detta della “Madonna della tenerezza”: Maria tiene in braccio il bambino Gesù e le due guance, quella della madre e quella del bambino sono accostate teneramente l’una all’altra, mentre una mano del bambino accarezza il volto della madre. Eppure, se osserviamo bene il volto della madre, lo scopiamo molto serio, quasi triste. Perché? La tradizione bizantina dice che la madre è triste perché il bambino le ha confidato che è nato per morire in croce e così far morire la morte. Ecco allora il messaggio del Natale di quest’anno: la speranza certa che i nostri cari che sono morti già sperimentano la vittoria di Cristo sulla morte, la speranza che il nostro tempo, la nostra vita sono abitati da Dio, che ha voluto essere il Dio-con-noi, la speranza che se noi accogliamo ogni giorno la venuta di Dio, se accogliamo Gesù nella nostra vita, diventiamo più umani, più capaci di sperimentare la vera umanità come fraternità, attenzione ai più piccoli e ai più deboli, condivisione delle gioie e delle fatiche dei fratelli, disponibilità ad impegnarci per il bene comune superando gli interessi di parte e i privilegi egoistici. Le ferite che tutti portiamo nel cuore e che alcuni nostri fratelli avvertono come ancora sanguinanti possono essere guarite a poco a poco dalla fiducia, dalla apertura agli altri e dalla condivisione: dalla fiducia che nasce dalla certezza che il cielo e la terra si sono incontrati e baciati in Cristo Gesù e che la morte, vinta per sempre, diventa il “dies natalis”, il giorno della nascita alla vita piena.
Buon Natale!

Don Paolo

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