Il Diacono: Annunciatore della Parola, Ministro dell’Altare e della Carità

Tra i ministeri che la Chiesa ha da sempre conosciuto c’è quello del diaconato, che ha visto negli ultimi anni una notevole “rifioritura”, a seguito del suo ripristino nella forma permanente voluto dal Concilio Vaticano II. Per comprendere però in modo adeguato il diaconato, e ciò vale anche per gli altri ministeri, lo si deve collocare all’interno della Chiesa, guardando ad essa come ad una realtà che ha una struttura sacramentale, carismatica e ministeriale.

Il “ministero ordinato” nacque nella Chiesa antica per rispondere alla necessità di salvaguardare la fedeltà al messaggio apostolico originario, un messaggio che doveva essere mantenuto contemporaneamente vivo ed intatto, per non correre il rischio di allontarsi dal “Verbo di Dio”, che in Gesù di Nazaret si era incarnato e aveva svelato agli uomini il vero volto di Dio Padre, cioè l’Amore. La guida delle singole Chiese venne pertanto affidata a gruppi di “anziani” (presbiteri), chiamati a volte anche “sorveglianti” (vescovi), i quali erano coadiuvati da gruppi di “servitori” (diaconi).
Dopo aver conosciuto una splendida fioritura nell’età apostolica e nei primi secoli della Chiesa, successivamente il diaconato decadde progressivamente e le sue funzioni furono attribuite ad altri ministeri e istituzioni.
Nel 1563 il Concilio di Trento emanò un decreto per il suo ripristino, ma non vi fu poi applicazione pratica e il diaconato rimase solo come ministero transitorio nel cammino di formazione verso il Sacerdozio (Presbiterato).
Il Concilio Vaticano II, che, come detto, ne ha voluto il ripristino nella sua forma permanente, così si esprime riferendosi ai diaconi: «In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani “non per il sacerdozio, ma per il servizio”. Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nella «diaconia» della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione con il vescovo e il suo presbiterio» (Lumen Gentium n. 29).
In altre parole, i diaconi sono coloro che, avendo ricevuto il sacramento dell’Ordine nel primo dei suoi tre gradi o livelli, sono chiamati a svolgere nella Chiesa, con il sostegno della grazia propria di questo sacramento, una serie di funzioni, che si possono riassumere nel triplice servizio della “liturgia”, della “parola” e della “carità”.
I diaconi sono chiamati pertanto a rendere presente, nella Chiesa e nel mondo, Gesù Cristo in quanto servo di Dio e servo dell’umanità.
Tale importante compito non può però essere compreso pienamente se non lo si colloca all’interno di una Chiesa considerata essa stessa come soggetto di ministerialità. Bisogna pertanto acquisire e mantenere il concetto che se la realtà della Chiesa è il ministero, tutti i suoi membri, nessuno escluso,
devono esserne coinvolti.
Precisato questo, è necessario sottolineare che la caratteristica del ministero ordinato del diacono è quella di essere a servizio della missione della Chiesa nel suo insieme, non di un suo aspetto o di un settore particolare, missione che si realizza mediante la predetta triplice diaconia, di cui di seguito si danno alcuni cenni.
La diaconia della Parola
«Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto annunziatore, annuncia sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni». Sono queste le parole con le quali il Vescovo, al termine del rito di ordinazione, esorta il diacono ad annunciare il Vangelo e soprattutto a viverlo nella propria vita. E’ in questa prospettiva “dinamica” che la Chiesa gli affida la diaconia della Parola. Chiamato da una comunità di uomini e ordinato per il servizio di quella comunità, il diacono può essere considerato come il ministro ordinato più vicino ai fedeli, e questa vicinanza può essere ulteriormente accentuata se è sposato e/o impegnato nel mondo del lavoro. Il diacono è chiamato ad essere perciò come “una parola in atto”: quanto più la sua vita è espressione fedele della Parola che annuncia, tanto più diventa segno dell’efficacia di questa Parola.
La diaconia della Liturgia
La ricerca storica sull’evoluzione del triplice ministero dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi ha messo in evidenza che la divisione tra clero e laici si è realizzata principalmente in funzione ed in vista del servizio liturgico.
Oggi, d’altra parte, viene posto maggiormente l’accento sul fatto che al “culto cristiano”, mediante il quale si attua l’opera della nostra redenzione, è chiamata a partecipare tutta l’assemblea dei fedeli, con la propria azione di lode e di ringraziamento. Il diacono deve quindi fare in modo che il suo servizio all’altare manifesti sempre più il legame essenziale che c’è tra il culto e la
comunità, tra la liturgia e la diaconia di tutto il popolo, cioè, in altre parole, deve contribuire a ridurre la frattura che può esistere, e che non è difficile sperimentare, tra la liturgia e la vita.
Le principali forme di servizio liturgico del diacono sono elencate dalla Costituzione del Concilio Vaticano II “Lumen Gentium” al n. 29: amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito funebre e alla sepoltura.
La diaconia della Carità
L’esercizio del ministero diaconale deve inoltre mostrare che il volto fondamentale della Chiesa deve essere quello che ha le sembianze del “servo”, perché la diaconia della carità è radicata nella diaconia di Gesù servo, e i diaconi devono essere “segno della Chiesa che serve” in mezzo ai fratelli. E’ rispondendo alle esigenze reali che oggi si manifestano, e nella scelta preferenziale dei più poveri, che il diacono può dire al mondo che la tutta la Chiesa è solidale con ogni uomo, nello sforzo di difendere e salvaguardare la sua dignità materiale, morale e spirituale. I diaconi, praticando la via della povertà, hanno il compito di farsi strumenti di salvezza per tutti.
Il diacono pertanto deve cercare, da una parte, di essere fermento per la comunità, richiamandola al dovere urgente della carità e della promozione umana e, dall’altra, facendo sì che in tutte le situazioni di vita, e nei luoghi in cui queste si realizzano, nasca e cresca l’attenzione verso la comunità ecclesiale ed il desiderio di farne parte.
In definitiva, attraverso la sua azione, il diacono deve contribuire affinchè la Chiesa sia, nel suo insieme, segno della carità di Dio.
Selvino Guberti diac.

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